Sulla
porta di casa di un noto fisico e docente universitario, famoso per il proprio
rigore scientifico, faceva bella mostra
un amuleto. L’assistente che un giorno andò a trovarlo fu colto da stupore:
“Professore, ma lei crede veramente a queste cose?”. “Certo che no, ma mi hanno
garantito che funzionano anche se non ci si crede”.
Puoi
avere la formazione scientifica più rigorosa di questo mondo ma se ti trovi
nella “cacca” sei pronto ad aprirti ai miracoli.
La possibilità che la vita abbia un nucleo magico
che trascenda gli angusti limiti della ragione è pur sempre un dubbio che si
annida nell’animo umano di chiunque. Negli anni ’80, fresco di laurea in ingegneria elettronica,
ebbi molte offerte lavorative. Nel giro di pochi mesi, mentre mi lanciavo in quella
che consideravo la missione della mia vita, soldi e carriera, ebbi la “fortuna”
di inciampare nell’esperienza degli
attacchi di panico. Non so se fosse lo stress od un orologio interiore che mi
stava allertando di qualcosa, di fatto cominciai ad avere tutti i sintomi di un
attacco di cuore. Lo spavento fu grandissimo e più volte mi ritrovai al pronto
soccorso certo che di lì a poco sarei morto. Fu anche l’occasione per un
pellegrinaggio presso alcuni specialisti. Il verdetto era sempre lo stesso: “Si
calmi, lei sta benissimo, il suo cuore non ha alcun problema”. Fu allora che nella mia mente cartesiana
cominciò ad aprirsi una breccia: il mondo medico con la sua sofisticata strumentazione mi diceva che
stavo bene, il mio corpo urlava il contrario. Chi aveva ragione? Era giunto il momento di
andare dallo sciamano. In quegli anni, la parola yoga evocava ancora immagini
misteriose, la new age era giusto agli inizi in quel di Viareggio. Sapevo che i
Beatles erano stati in India dal Maharishi Mahesh Yogi e che in Oregon Bhagwan Shree Rajneesh, successivamente conosciuto come Osho, stava
acquistando la sua flotta di Rolls Royce. Quello era per me il mondo della
meditazione e della filosofia orientale: fricchettoni hippie con il cervello
fumato. Fortunatamente il mio corpo, a dispetto dei miei pregiudizi
intellettuali e dei verdetti del mondo medico, continuava a stare male e
quindi, non senza una certa riluttanza, mi decisi ad andare a provare una
lezione di yoga.
Era un
caldo pomeriggio estivo ed una serie di informazioni, quasi sussurrate da bocca
ad orecchio, mi condussero in un buco di appartamento che si trovava nel cortile interno di una piccola palazzina.
Trovarlo non fu semplice, una sorta di prova per verificare se ne fossi degno
di raggiungere il santuario. Avevo un bel po’ di domande da fare a chiunque
avesse aperto la porta ma già mi ero
fatto il film. Immaginavo un luogo carico di immagini sacre Indù, un sottofondo musicale di sitar, ed un clone di John Lennon con vestito di
lino bianco pronto ad accogliermi: “benvenuto fratello, entra”. Da parte mia
avevo già pronte una serie ben articolata di scuse per girare i tacchi prima
ancora di varcare la soglia.
Le mie
aspettative cinematografiche furono però completamente disattese.
L’appartamento era arredato in modo spartano ed Alessandro, il mio primo
insegnante di yoga, pur essendo anche musicista amante di John Lennon e dei
Beatles in generale, aveva un’aria ben poco mistica. Alquanto sudaticcio
indossava un costume da bagno di colore rosso sbiadito e consunto. La mia mente
colma di dubbi e quesiti esistenziali partorì così la migliore domanda che
potessi fare: “Ma lo yoga si fa in mutande?”. Le mie aspettative intellettuali
dovettero allora confrontarsi con la prima risposta di un guru in carne ed
ossa: “Certo, è caldo!”. A tutt’oggi, a
distanza di molti anni, questa botta e risposta costituisce ancora il migliore
aforisma sullo yoga che conosca, un vero Koan Zen. In quel preciso istante ogni
malessere del mio corpo svanii nel nulla e mi sentii a casa. Da allora non ho
più smesso di praticare yoga. Non sono un asceta ed apprezzo le donne che
spendono in abbigliamento intimo, ma devo confessare che solo le mutande di
Alessandro hanno dato un nuovo corso alla mia vita.
L’insegnamento di questa storiella? Non deve per forza
averlo dato che è una storia realmente accaduta, ma credo che si possa dire che
ogni cosa che inizialmente si manifesta come un problema possa poi rivelarsi un
dono.
Ad ogni modo quei tempi pioneristici sono passati, oggi lo
yoga si fa vestiti, indumenti comodi ma vestiti.
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