Da dove viene questo pensiero sabotatore?
Amo ascoltare gli insegnamenti di
vari maestri spirituali. Spesso basta il frammento di una frase per
riallinearmi con la parte più autentica di me. Più volte ho sentito riaffermare
l’importanza di essere giocosi come qualità principale di una vera ricerca
spirituale. Perché mai la ricerca di se stessi dovrebbe essere seriosa,
drammatica, carica di sacrifici? Ma mentre ero immerso in queste riflessioni un
pensiero è emerso da un angolo buio della mia mente infilandosi fra le crepe
della mia idea di felicità. “Facile parlare di gioia, giocosità quando sei in
salute, quando non hai problemi economici, quando non devi lottare ogni giorno
per la tua sopravvivenza…” Questa voce mi ha freddato buttandomi sulle spalle
un sacco di iuta pieno di sensi di colpa e di paure. “Chi ti assicura che
questa tua condizione privilegiata non cambi in peggio? Non stai forse peccando di arroganza?” La mia faccia gioiosa ha assunto così un’espressione
seriosa e preoccupata ed ho cominciato veramente ad interrogarmi se non stessi
pontificando sul senso dell’esistenza da dentro una torre di avorio.
Fortunatamente, ho passato anni a ri-educarmi ad un nuovo senso del vivere
cercando di dare più spazio al sentire che ai vari moralismi su come le cose
dovrebbero essere. Lasciando quindi la mente ai suoi conflitti ideologici ho
ascoltato nel profondo il mio corpo e tramite esso mi sono riagganciato al
cuore pulsante della vita. Questo pensiero sabotatore può mettere in crisi la
mia mente ma non ha potere contro l’esperienza diretta che colgo a livello viscerale.
No stavolta non mi freghi. Perché mai coltivare la gioia, la bellezza, il
piacere, l’arte del vivere dovrebbe arrecare danno agli altri? Perché mai
intristirmi dovrebbe farmi sentire più empatico con chi soffre? Perché mai amare sé stessi dovrebbe essere un atto di
egoismo e non viceversa il primo ed indispensabile passo per aiutare ed amare
gli altri?
Chi è stato questa volpe che si è
inventato questo schema di pensiero così sabotatore? Probabilmente siamo in
molti a volerlo scoprire, soprattutto in quest’area del pianeta falcidiata dai
sensi di colpa. Io una mezza idea c’è l’ho e probabilmente molti altri con me
che hanno a comune le stesse radici sociali, culturali e religiose. Ma adesso,
ho anche una certezza: sicuramente era qualcuno che non ha mai danzato!
Riconnettere ricerca spirituale e gioia
Quando siamo seri siamo
tristemente rinchiusi nella nostra mente, quasi autistici. Al contrario essere
gioiosi, giocosi e leggeri ci rende più aperti alla vita. Quando mai essere
rinchiusi nel pensiero ci ha reso felici? Basta evocare gli ultimi episodi
carichi di gioia della nostra vita per realizzare che c’è sempre stata una
partecipazione emotiva, fisica, una sensazione di appartenenza, di maestosità.
Nessun pensiero logico ci ha mai reso felice, nessuna esasperazione del senso
del dovere, nessuna pressione psicologica. Non sto negando l’importanza del
dovere, al contrario. Abbiamo una grande responsabilità nei confronti nostri e
della vita intorno a noi. Se veramente ce ne rendiamo conto scopriremo che non
ci sono altre opzioni che arricchire l’esistenza di bellezza e gioia.
Una società che risuona unicamente
sui problemi, sulla crisi, sulla paura confina il piacere nella trasgressione. In quest’area nascosta ma
così attraente non si cerca la consapevolezza ma lo sballo, l’annebbiamento
della coscienza, l’ubriacatura delle nostre funzioni cognitive. E’ altrettanto
chiaro che in questo caso il piacere è puramente egoistico e vibrante sul
mantram “chi se ne frega del mondo, adesso me la godo”. Ciò rafforza il
pensiero “serioso e (falsamente) adulto” che etichetta il piacere ed il gioco
come fenomeni superficiali …nei migliori
dei casi, ovviamente.
Per non perpetuare questo “malinteso”,
chiamiamolo così, è importante affermare che il gioco ed il piacere sono gli
strumenti base per allinearci alla grande danza della vita. Se c’è un modo per
risanare la nostra Anima passa di lì.
Danzare è fare entrare un raggio di luce
Uno dei tanti Maestri che ho
conosciuto diceva che non è possibile aspirare fuori il buio da una stanza,
possiamo solo fare entrare un raggio di luce. Cercare di risolvere tutti i
problemi che abbiamo individualmente e collettivamente prima di potere essere felici
ha la stessa logica di costruire un grosso aspirapolvere per il buio del mondo.
E’ una sfida persa in partenza e che probabilmente nasconde la paura di
mettersi in gioco, di confrontarsi con la ricchezza di possibilità che sono
presenti in noi e negli altri.
Certo, accedere all’intensità del
mondo interiore e celebrarlo attraverso la danza può incutere timore, è come
aprire un vaso di pandora. Ma perché dovrebbe contenere solo demoni? Da dove
viene questa sfiducia sulle nostre risorse interne? E qui mi risuona un altro
insegnamento: “la nostra più grande paura è verso ciò che potremmo essere,
verso la libertà che potremmo avere.” Io penso che sia solo una paura di
anticipazione di qualcosa che nella realtà avviene diversamente.
Nelle due ore che danziamo ci
liberiamo dai giudizi e pre-giudizi, diamo enfasi alla mente sensiente e
mandiamo al cinema quella che analizza. Se inciamperemo in qualche parte di noi
che ci reca dolore la danza l’accompagnerà e scioglierà quel dolore. Se
l’emozione ci farà piangere o ridere ci sentiremo come se avessimo pulito casa
da strati di polvere accumulata da anni. Se danzeremo con un’altra persona sentiremo
che entrambi stiamo cercando la stessa cosa. E se ci troveremo connessi con il
tutto resteremo sorpresi dell’estrema naturalezza della cosa.
Ad un certo punto le due ore passeranno
ed, anche se il tempo scorre diversamente per chi danza, l’insegnante ha sempre
un occhio rivolto all’orologio. Nei giorni successivi la nostra vita cambierà
di molto poco, pur sentendoci meglio e più felici dentro. Dopo un anno, nel
guardarci indietro a come eravamo, avremo difficoltà a credere a quanto siamo
cambiati.
C’è una rivoluzione pacifica e
contagiosa che è a portata di mano. Basta danzarla.
----- English Version -----
Where does this saboteur thought come from?
I love listening to the teachings of various
spiritual masters. Just a fragment of a sentence helps me to align with the
most authentic part of me. Very often they repeat the importance of being
playful as one of the main qualities of
a true spiritual quest. Why should it be serious, dramatic, full of sacrifices?
But while I was immersed in these reflections, a thought emerged from a dark
corner of my mind sneaking into the cracks of my idea of happiness. "Easy to talk about joy, playfulness when you
are healthy, when you have no economic problems, when you do not have to fight
every day for your survival ..." This voice cooled me leaning on my
shoulders a basket full of guilt feelings and fears . "Who does assure you that this privileged
condition will not get worse? Are you not sinning of arrogance? "My
joyful face took on a serious and worried expression, and I began to really
wonder if my idea of dance and happines was only an arrogant thought due to my privileged
condition. Fortunately, I spent years in educating myself to a new way of
living, giving more emphasis to feeling rather than the morality in my mind
about how things should be. So leaving my mind to its ideological conflicts, I
deeply listened to my body I alligned my self to the core of life. This
sabotaging thought can deceive my mind but not my body. Then my boduy gave an
healthy input to my mind: Why should cultivating joy, beauty, pleasure and art
of living should harm others? Why should becoming sad make me empathic with who is suffering? Why
should love for myself be an act of selfishness and not vice versa the first
and indispensable step to helping and loving others? Where does this saboteur
thought come from? Who created this dark scheme of thought? I have an idea and
probably many others with me who share the same social, cultural and religious
roots. But now, I also have a certainty: surely it was someone who has never
danced!
Reconnecting spiritual quest and joy
When we are serious we are sadly locked in our
mind, we are almost autistic. On the contrary, being joyful, playful and light
makes us more open to life. Just remember the last episodes filled with joy to
realize that there were always full of emotions and physical participation. No
logical thought has ever made us happy, no exasperation of the sense of duty,
no psychological pressure. I'm not denying the importance of responsability, on
the contrary. We have a great responsibility towards us and our life around us.
If we really realize it, we will find that there are no other options that
enrich the existence of beauty and joy.
This society that resonates only on problems,
on crisis, on fear confines pleasure to transgression. Of course in this hidden
(but so seductive)area you can find that kind of pleasure which is selfish and
discottected by consciousness. It is a place that vibrates on the mantra
"who cares of the world, I care myself only". And of course this
situation gives strength to the serious and (falsely) adult way of thinking
that labels pleasure and play as superficial phenomena ... in the best of
cases.
I want to give my personal contribute to not to
perpetuate this "misunderstanding". I really feel the importance of affirming a
new paradigm about living where spirituality, playfulness and pleasure moves
together. If know that the path of healing my soul must have this quality.
Dancing is to bring in a ray of light
Once a Masters told me that it is not possible
to suck out of the dark out of a room, we can only bring in a ray of light.
Trying to solve all the problems we have as individuals and as society before
being able to be happy has the same logic of building a big vacuum cleaner for
the dark of the world. It's a lost challenge and probably it hides the fear of
getting involved and to face the wealth
of possibilities that are present in us and in others.
Of course, accessing the intensity of the inner
world and celebrating it through the dance can be feared, it's like opening a
pandora pot. But why should it contain only demons? Where does this distrust about
our internal resources come from?
Again one master told me: "Your greatest
fear is about what you might be, the freedom you could have." Luckily
Dance and Yoga determine a slow and progressive transformation .
In the two hours we dance we free ourselves
from judgments and pre-judgments, we give emphasis to the sensory mind, sending
the one that analyze in vacation. If dancing we meet a part of us connected
with sadness or suffering the dance will welcome this part dissolving this
sorrow. If we will weep or laugh we will
feel like we've cleaned the house from dusty layers accumulated for years. If
we will dance in communion with another person we will feel that we are both
looking for the same thing. And if we find ourselves connected with everything
we will be surprised by the extreme naturalness of the thing.
At some point the two hours will pass and,
although the time runs differently for those dancing, the teacher always has an
eye on the clock. In the following days our lives will change very little. We will
just feel a bit better and happier. But
after one year, looking back at how we were, we will be surprised in realizing
how much we have changed.
There is a peaceful and contagious revolution at
hand. Just dance it.
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