giovedì 25 aprile 2019

Dimorare nel giardino dell'Eden


Come è possibile non rimanere catturati dalla bellezza esplosiva della natura? Incredibili tonalità di verde fanno da sfondo alla infinita ricchezza cromatica dei fiori. Se c’è un periodo dell’anno che richiama l’immagine del paradiso terrestre è proprio questo. In un modo o nell'altro nel bagaglio delle storie che ci hanno raccontato c’è quella del giardino dell’Eden, una storia finita male con la cacciata di Adamo ed Eva, rei di aver mangiato l’unica frutto che era proibito.
Quando ero piccolo mi ricordo che avevo due quesiti in mente: il primo era perché Dio si fosse adirato così tanto, in fondo si trattava solo di una mela (ormai abbiamo identificato la mela come il frutto dell'albero della conoscenza). Mi sembrava una punizione spropositata. Ma avevo anche il secondo quesito: io dico, visto che hai tutto, visto che non ti manca niente, perché ti vai a cacciare nei guai per una mela. E lascia perdere, dai, mangia qualcos'altro?
Nella logica di un bambino questo ragionamento non faceva una piega. Ci vogliono un po’ di ferite offerte dalla vita per capire che il percorso verso la libertà richiede un certo numero di cacciate da quella situazione di stabilità e di apparente tranquillità. Libertà significa anche osare quell'unica cosa che ci è proibito fare. Ma in particolare il mito del giardino dell’Eden, come ogni mito, ha molti livelli di lettura. Ne prenderò uno.

In primo luogo cosa rappresenta il giardino, ricco e rigoglioso, dove tutti, esseri umani ed animali, vivono in pace? A me piace pensare che rappresenti quella condizione di unità e fusione con il tutto che nel profondo del nostro cuore noi tutti cerchiamo. Ma perché tale desiderio è così radicato in ognuno di noi? Probabilmente perché è un’esperienza a cui tutti possiamo avere accesso, probabilmente la nostra vera casa è lì.

Quando nei miti si parla di un giardino, di un fiume, di un mare, di una regione non si tratta mai di un luogo ma di uno stato di coscienza. Il giardino dell’Eden è uno stato di coscienza di unità con il tutto e con la vita, qualcosa che gli animali hanno naturalmente ed istintivamente ma che noi esseri umani abbiamo perso perché abbiamo la libertà di pensare e di fare delle scelte. Il mio primo Maestro diceva che il percorso evolutivo è quello che ci fa transitare da uno stato di unità inconsapevole, quella degli animali o di noi nella condizione di feto nella pancia della madre, allo stato di unità consapevole e libera.

Un altro punto importante è che nei miti il tempo non è quello che noi siamo abituati a sperimentare nella vita reale. Non c’è un passato che ormai non torna più, né un futuro che non si sa quando arrivi. Nel mito c’è una condizione di simultaneità degli eventi. Il giardino dell’Eden non rappresenta una condizione da cui siamo stati cacciati una volta per tutte ma uno stato di coscienza da cui veniamo allontanati costantemente da una mente molto ingombrante, da una costante identificazione con aspetti della nostra personalità invece che essere uno con la sorgente della vita che è in noi. Quindi al pari di come siamo costantemente allontanati da questo stato di unità abbiamo altresì la possibilità di tornarci in ogni momento.

Il termite Soul Motion significa “movimento dell’anima” e per me non è il nome di una particolare forma di danza consapevole. Al contrario mi rendo sempre più conto che allinearsi con il movimento della propria anima e rendere questo corpo e questa mente un veicolo di manifestazione di essa è l’unico modo per raggiungere questo stato di unità cosciente e consapevole, l’unico modo per essere felici. Che avvenga attraverso la danza, lo yoga, la preghiera, la meditazione ha poca importanza, il fine non va confuso con i mezzi per raggiungerlo. Dimorare nel giardino dell’Eden è possibile in ogni istante, anche se per un tempo limitato. E' comunque sufficiente per rendersi conto che è possibile.

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